Nel periodo trascorso ad Istanbul, ho capito che gli abitanti della città hanno un forte desiderio di giustizia e laicità, ma hanno un timore reverenziale nei confronti della polizia, onnipresente e minacciosa, costantemente in tenuta antisommossa, chiara rappresentazione del potere autoritario. Vedevo nel rapporto cittadino - polizia la chiave di lettura per comprendere la difficile situazione sociale di Istanbul.
Partendo da questo presupposto, ho deciso di realizzare un’azione, pericolosa e audace, realizzata senza alcuna tutela, come se il fatto di essere un turista occidentale bastasse a tutelarmi, ma così non è. Ho realizzato un’azione che simula l’investimento di un giovane ad opera di una jeep della polizia, schiacciato dalle ruote posteriori mentre sta portando dei bicchieri di thè agli anziani.
L’intervento invita a riflettere sullo Stato autoritario che, per realizzare riforme impopolari, azioni di gentrificazione non volute e investimenti esteri dannosi per i cittadini, si serve della polizia per soffocare il dissenso del popolo. Inoltre, bere il thè rappresenta un’abitudine simbolo della tradizione turca, purtroppo minata dai nuovi modelli occidentali. A tal proposito si può notare come due bicchieri sono rovesciati facendo scorrere il thè sull’asfalto, richiamo al sangue versato dai cittadini turchi durante le proteste, mentre altri due bicchieri resistono e rappresentano la speranza per un futuro migliore.
Questo è stato uno degli interventi più pericolosi che ho realizzato nella mia carriera: per giorni ho girato per la città con thè, bicchieri, piattini e vassoio dentro lo zaino, alla ricerca della situazione migliore per realizzare lo scatto fotografico.
Ho accettato il rischio e le conseguenze negative che avrei subito se qualcosa fosse andato storto. L’intervento si è sviluppato in pochissimi minuti e poi ci siamo dileguati tra le vie interne della città.